I TEMI

Precarietà

Rischi sul campo

Discriminazioni di genere

Insicurezza Querele Minacce Molestie
Insicurezza Querele Minacce Molestie

La Precarietà

Tra i problemi più urgenti che devono affrontare i giornalisti c’è quello della job insecurity, ovvero l’insicurezza nel lavoro. Un’insicurezza che consiste in primis nella precarietà oggettiva del lavoro, ad esempio legata a contratti inesistenti o precari, o pagamenti in ritardo ed estremamente ridotti, ma anche nella percezione soggettiva della minaccia della perdita del lavoro, e nei vissuti emotivi che ne conseguono. La job insecurity, infatti, ha un impatto importante sulla salute mentale: il fatto di vivere in una situazione di precarietà lavorativa comporta malesseri legati all’ansia, ai disturbi del sonno, a bassi livelli di autostima, fino alla depressione.

All’insicurezza economica è legato anche il problema delle cause e querele temerarie, le SLAPP, acronimo di Strategic lawsuit against public participation: si tratta di azioni legali sporte con il mero obiettivo di intimidire e silenziare il lavoro dei giornalisti, che rischiano in prima persona sia da freelance che da staff, ma da freelance sono ancora più esposti e raramente hanno l’assistenza legale necessaria.

Il senso di incertezza è accresciuto, inoltre, dalla prassi delle redazioni di non rispondere alle mail che contengono proposte di collaborazione, o idee per nuovi articoli, servizi fotografici o video. Il problema è anche l’incertezza del compenso: in altri Paesi, soprattutto nel mondo anglosassone, le testate esplicitano chiaramente come scrivere una proposta, a chi inviarla e qual è la tariffa, mentre in Italia il tema economico sembra ancora avvolto in un’aura di mistero.

Le risorse:

  • Sindacato FNSI e Associazioni stampa regionali: danno sostegno ai giornalisti autonomi in particolare sul tema del lavoro e del precariato, e offrono supporto legale anche in materia di SLAPP.
  • Lo Spioncino dei Freelance: portale che ha l’obiettivo di rendere trasparenti le tariffe delle testate attraverso un database pubblico alimentato dalle segnalazioni degli stessi freelance.
  • La rete di Fada Collective: un gruppo Whatsapp e un canale Slack pensati per chi vuole uscire dalla competizione ed entrare in una logica di aiuto reciproco, condividendo sia risorse concrete che riflessioni su compensi e diritti.
  • Centro di giornalismo permanente: ha dato vita a un gruppo di lavoro sulla condizione dei freelance in Italia, che mette insieme una serie di organizzazioni e professionisti per raccogliere informazioni e realizzare un report. Tra i punti toccati c’è anche quello della salute mentale.
  • Giornalistǝ italianǝ: gruppo Linkedin che rappresenta uno spazio sicuro di confronto, di conforto e di dibattito per persone che lavorano nel giornalismo.

I Rischi sul campo

Con internet e i social network, oggi sono molti i giornalisti che si espongono su temi di dibattito pubblico e che finiscono per diventare vittime di hate speech, una categoria che comprende minacce, insulti e diffamazione attraverso la rete. Alle minacce online si aggiungono quelle offline, che a volte si traducono in vera e propria violenza agita. Per chi riceve minacce ed è considerato a rischio di vita può essere attivata la tutela della polizia, ma è una misura che raramente viene concessa e, comunque, ha una durata limitata nel tempo.

Oltre alle intimidazioni, esistono poi i pericoli intrinseci per chi lavora in contesti rischiosi, come le guerre e i conflitti. Fare il giornalista in aree di crisi implica costi molto alti sia in termini economici, sia in termini di impatto sulla propria salute fisica e mentale. Costi che raramente le redazioni si sobbarcano.

Il risultato è che molti giornalisti vengono lasciati soli, con il rischio di sviluppare la sindrome post traumatica da stress, altrimenti nota come post-traumatic stress disorder (PTSD): una forma di disagio mentale che sorge in seguito a esperienze traumatiche. Anche quando non si assiste direttamente a un evento traumatico si può comunque essere colpiti da un’esposizione indiretta, il cosiddetto trauma vicario, che può derivare dal vedere o editare materiale (come video o foto) o ascoltare i resoconti delle vittime e dei sopravvissuti.

I Rischi sul
campo

Con internet e i social network, oggi sono molti i giornalisti che si espongono su temi di dibattito pubblico e che finiscono per diventare vittime di hate speech, una categoria che comprende minacce, insulti e diffamazione attraverso la rete. Alle minacce online si aggiungono quelle offline, che a volte si traducono in vera e propria violenza agita. Per chi riceve minacce ed è considerato a rischio di vita può essere attivata la tutela della polizia, ma è una misura che raramente viene concessa e, comunque, ha una durata limitata nel tempo.

Oltre alle intimidazioni, esistono poi i pericoli intrinseci per chi lavora in contesti rischiosi, come le guerre e i conflitti. Fare il giornalista in aree di crisi implica costi molto alti sia in termini economici, sia in termini di impatto sulla propria salute fisica e mentale. Costi che raramente le redazioni si sobbarcano.

Il risultato è che molti giornalisti vengono lasciati soli, con il rischio di sviluppare la sindrome post traumatica da stress, altrimenti nota come post-traumatic stress disorder (PTSD): una forma di disagio mentale che sorge in seguito a esperienze traumatiche. Anche quando non si assiste direttamente a un evento traumatico si può comunque essere colpiti da un’esposizione indiretta, il cosiddetto trauma vicario, che può derivare dal vedere o editare materiale (come video o foto) o ascoltare i resoconti delle vittime e dei sopravvissuti.

Le risorse:

  • Ossigeno per l’informazione: associazione nata per documentare il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani. Oggi realizza progetti di monitoraggio delle violazioni della libertà di stampa, e dà assistenza legale gratuita ai giornalisti italiani minacciati.
  • Media Freedom Rapid Response: progetto internazionale che fornisce sostegni concreti come la sostituzione dell’attrezzatura danneggiata, l’assistenza medica e anche il supporto psicologico. Il sostegno è rivolto ai giornalisti che lavorano nei Paesi membri dell’Unione europea e nei Paesi candidati ad aderirvi.
  • Dart Center for Journalism and Trauma: centro che mette a disposizione dei giornalisti di tutto il mondo una serie di risorse per tutelare la propria salute mentale: training, schede tematiche di approfondimento, app di auto-aiuto, percorsi di yoga e meditazione strutturati per persone che hanno subito traumi, e un database di terapeuti formati per lavorare con i giornalisti.
  • Coalition against online violence: coalizione internazionale che mette a disposizione una serie di risorse tra cui una guida interattiva di auto-aiuto e un supporto sette giorni su sette, 24 ore al giorno, per le emergenze legate alla salute mentale, alla violenza online o alla sicurezza digitale.
  • International women’s media foundation: fondazione che raccoglie diversi materiali per sostenere i giornalisti, e in particolare le giornaliste donne e afrodiscendenti.

Le Discriminazioni di genere

Le discriminazioni legate al genere sono ancora radicate in un contesto come quello giornalistico, dove sono ancora soprattutto gli uomini a ricoprire ruoli di leadership e a prendere decisioni. Anche a livello di stipendio le donne giornaliste guadagnano meno dei loro colleghi uomini, e questo vale sia per le dipendenti che per le libere professioniste: la questione del gender pay gap – ossia il divario di genere nella retribuzione – è trasversale a molti settori, ed è un problema anche nel giornalismo. Non solo: in alcuni contesti giornalistici esistono ancora temi considerati “femminili”, come la moda, la cucina o il costume, e altri ritenuti più “maschili”, come l’economia, la cronaca giudiziaria e lo sport. Eppure, ci sono molte donne che scelgono di lavorare sul campo, in aree di conflitto o di crisi, finendo per affrontare pericoli anche maggiori rispetto a quelli che devono fronteggiare gli uomini

A volte le discriminazioni sfociano nella violenza: ad alcune donne vengono fatte avances e ricatti a sfondo sessuale per ottenere un posto o per fare carriera. Ancora troppe giornaliste subiscono molestie sul luogo di lavoro, eppure il mondo del giornalismo non ha ancora avuto il suo #metoo, e oggi per molte è difficile raccontare quello che avviene nelle stanze chiuse delle redazioni. Non solo: le donne devono fare anche i conti con un altro genere di difficoltà, legata al carico di lavoro di cura che spesso le investe di più rispetto agli uomini. Nel nostro Paese, il lavoro di organizzazione della casa e della famiglia è a carico per lo più delle donne. Ma le redazioni non sempre tengono in considerazione queste differenze nei carichi di cura, e raramente accettano che una donna abbia una minor disponibilità mentale e di tempo. In alcuni casi c’è una stigmatizzazione di scelte personali come la decisione di avere un figlio, considerando la maternità come incompatibile con la professione.

Le
Discriminazioni
di genere

Le discriminazioni legate al genere sono ancora radicate in un contesto come quello giornalistico, dove sono ancora soprattutto gli uomini a ricoprire ruoli di leadership e a prendere decisioni. Anche a livello di stipendio le donne giornaliste guadagnano meno dei loro colleghi uomini, e questo vale sia per le dipendenti che per le libere professioniste: la questione del gender pay gap – ossia il divario di genere nella retribuzione – è trasversale a molti settori, ed è un problema anche nel giornalismo. Non solo: in alcuni contesti giornalistici esistono ancora temi considerati “femminili”, come la moda, la cucina o il costume, e altri ritenuti più “maschili”, come l’economia, la cronaca giudiziaria e lo sport. Eppure, ci sono molte donne che scelgono di lavorare sul campo, in aree di conflitto o di crisi, finendo per affrontare pericoli anche maggiori rispetto a quelli che devono fronteggiare gli uomini

A volte le discriminazioni sfociano nella violenza: ad alcune donne vengono fatte avances e ricatti a sfondo sessuale per ottenere un posto o per fare carriera. Ancora troppe giornaliste subiscono molestie sul luogo di lavoro, eppure il mondo del giornalismo non ha ancora avuto il suo #metoo, e oggi per molte è difficile raccontare quello che avviene nelle stanze chiuse delle redazioni. Non solo: le donne devono fare anche i conti con un altro genere di difficoltà, legata al carico di lavoro di cura che spesso le investe di più rispetto agli uomini. Nel nostro Paese, il lavoro di organizzazione della casa e della famiglia è a carico per lo più delle donne. Ma le redazioni non sempre tengono in considerazione queste differenze nei carichi di cura, e raramente accettano che una donna abbia una minor disponibilità mentale e di tempo. In alcuni casi c’è una stigmatizzazione di scelte personali come la decisione di avere un figlio, considerando la maternità come incompatibile con la professione.

Le risorse:

  • Sportello antimolestie di Fnsi: fornisce consulenza a chi subisce discriminazioni o molestie, in sinergia con le Associazioni di stampa regionali e le Consigliere di parità in ambito territoriale.
  • GiULia, acronimo di GIornaliste Unite LIbere Autonome: associazione che si batte perché le giornaliste abbiano pari opportunità nei luoghi di lavoro, con l’obiettivo di modificare lo squilibrio informativo sulle donne anche utilizzando un linguaggio privo di stereotipi e declinato al femminile.
  • Espulse. La stampa è dei maschi: collettivo che si rivolge alle giornaliste e fotogiornaliste assunte e alle freelance nei diversi tipi di media e negli uffici stampa, con l’obiettivo di indagare il problema delle molestie e degli abusi di potere.
  • Fondazione Libellula: fondazione che ha lanciato uno sportello di ascolto e orientamento alle lavoratrici su episodi di discriminazione, molestia o violenza.
  • International women’s media foundation: fondazione internazionale che raccoglie diversi materiali per sostenere i giornalisti, e in particolare le giornaliste donne e afrodiscendenti.

Questo è il canale del progetto #ComeTiSenti per inviare storie e segnalazioni.
Ci serve per conoscere quali sono le difficoltà che vivono i giornalisti e le giornaliste, e mantenere un osservatorio sempre attivo sul tema della salute mentale nel giornalismo.

Se vuoi condividere la tua esperienza, rispondi a questo breve questionario anonimo.

Attenzione! Questa non è una presa in carico, né un servizio di supporto psicologico. Se hai bisogno di sostegno contatta il tuo medico di base e chiedi aiuto. Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 0223272327 oppure contattarli via internet da qui.

Questo è il canale del progetto #ComeTiSenti per inviare storie e segnalazioni. Ci serve per conoscere quali sono le difficoltà che vivono i giornalisti e le giornaliste, e mantenere un osservatorio sempre attivo sul tema della salute mentale nel giornalismo. Se vuoi condividere la tua esperienza, rispondi a questo breve questionario anonimo. Attenzione! Questa non è una presa in carico, né un servizio di supporto psicologico. Se hai bisogno di sostegno contatta il tuo medico di base e chiedi aiuto. Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 0223272327 oppure contattarli via internet da qui.